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  • Istituto DIRPOLIS

Alberto Pirni al Salone Internazionale del Libro di Torino per parlare di Internet, ICT ed equità tecnologica

Data pubblicazione: 13.05.2015
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Giovedì 14 maggio alle 19.30, nella giornata di apertura del Salone Internazionale del Libro di Torino, Alberto Pirni, ricercatore affiliato dell’Istituto Dirpolis, parteciperà alla presentazione del volume "Corpus Juris Technologici", a cura di R. Lala.

Il volume si inserisce all’interno di un complesso dibattito, ormai di livello mondiale, ma con interessanti sviluppi in Unione Europea, relativo al tema della tutela dei diritti fondamentali nell’età del fortissimo impatto e invasività delle tecnologie digitali, con particolare riferimento alle possibilità di utilizzo di identità tecnologiche contraffatte, intromissioni e violazioni della privacy, il cosiddetto “diritto all’oblio” digitale, ecc.

Nell’ambito del suo intervento dal titolo "Verso un'equità tecnologica? Prospettive e limiti per le tecnologie digitali emergenti", Pirni cercherà di problematizzare una contraddizione che, nel contesto delle tecnologie digitali, non sta ancora rivelando la pienezza delle conseguenze. Per un verso, Internet e più in generale le ICT sono state presentate come la raggiunta piena democratizzazione delle tecnologie (accesso intuitivo, a basso costo, aperto a tutti, sempre modificabile ed integrabile, ecc.). Per l’altro, Internet e le ICT (anche se all’interno di questo insieme bisognerebbe differenziare analiticamente il discorso) stanno incubando un rischio di “totalitarismo diffuso”. Si tratta di una sorta di etero-guida o etero-controllo delle nostre azioni che, a differenza del totalitarismo “classico”, non ha un referente unico, volutamente ben individuabile e riconoscibile come guida “totale” ed esercitante un potere bio-politico assoluto, appunto sulla nostra vita e morte.

Ciò implica, per un verso, una difficoltà di individuazione di responsabilità specifiche, per l’altro, l’arbitrarietà delle decisioni subite, per altro ancora, una complessiva domanda di equità, non solo rispetto all’accesso, ma anche rispetto all’utilizzo dei dati di nostra e altrui competenza. Manca insomma, al momento, una “teoria della giustizia” che sappia allargarsi e contemplare i nuovi e sterminati e sempre crescenti “territori” delle tecnologie digitali all’interno di confini condivisi e, soprattutto, il più possibile trasparenti alla critica e al controllo della più vasta “popolazione digitale”.